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Perché questa pagina web

Nel 2011 mi sono trasferita a Barcellona per approfondire i miei studi di antropologia. Ero interessata all’antropologia visuale: allo studio delle immagini e della loro capacità di orientare lo sguardo, di mostrare modelli culturali, e di creare, plasmare, rafforzare o mettere in discussione stereotipi dominanti e ruoli consolidati. In particolare, volevo capire se e come la fotografia —che pratico da tanti anni— potesse essere usata non solo per rappresentare l’altro, ma anche, e soprattutto, per incontrare l’altro, per dialogare con l’altro, per capire l’altro, e superare quella linea di confine che separa dall’altro. Con questa idea in testa, mi sono iscritta ad un master in antropologia e ho scelto di focalizzare il mio progetto di ricerca sul tema della cecità.

Questa pagina web accompagna il libro Il Mondo Che Non Vedo, un testo che racchiude i risultati di questo progetto. La ricerca è stata condotta nel 2012, durante un periodo di 8 mesi (da gennaio ad agosto), come lavoro finale del Master in Ricerca Etnografica, Teoria Antropologica e Relazioni Interculturali all’Università Autonoma di Barcellona. È stata poi tradotta in italiano, rivisitata e ampliata per la pubblicazione del libro nel 2014, in collaborazione con il corso di Antropologia Visuale dell’Università di Firenze (Corso di Laurea in Metodologia e Ricerca Empirica nelle Scienze Sociali).

Attraverso la ricostruzione delle storie di vita di un gruppo di persone cieche, il testo si affaccia sulla cecità osservandone aspetti poco studiati dal punto di vista antropologico, come la percezione, l’immaginario e la relazione delle persone cieche con il mondo visuale, in particolare con la fotografia.

L’idea di questa pagina web è nata inizialmente per creare uno spazio in cui condividere parte delle registrazioni delle interviste, dato che ascoltare i racconti direttamente dalle voci dei protagonisti dà corpo al loro messaggio, fornendogli uno spessore diverso: le storie prendono vita! Infatti dalla semplice lettura del testo è difficile immaginarsi i toni, le sfumature della voce, le pause, la velocità, la lentezza, la sicurezza, l’atteggiamento, la tristezza profonda o le risate incontrollate. Le voci infatti hanno una “texture” (meravigliosa parola in inglese che non ha una traduzione altrettanto significativa in italiano), cioè una consistenza, una corposità che nelle pagine di un libro si perdono. L’idea in seguito si è espansa e ora questa pagina web è diventata una cassetta degli attrezzi sul tema cecità-fotografia: raccoglie tutto il materiale accademico, letterario, audio visuale e artistico che ho trovato utile, stimolante e interessante. Le cose che più mi hanno emozionato sono accompagnate anche da un piccolo riassunto o spiegazione.